Ho la sensazione che ultimamente stia tornando in voga il termine “dominante” per spiegare alcuni atteggiamenti del cane di famiglia. Molte persone continuano a etichettare alcuni comportamenti, l’insubordinazione ad esempio, come la diretta conseguenza di un carattere dominante e aggressivo, come se l’unico obiettivo del cane che condivide cono noi spazio e tempo fosse quello di dominarci, comandarci, esercitare il controllo su di noi, essere lui il capo branco.
Da questa convinzione purtroppo derivano tutta una serie di fraintendimenti e cattive interpretazioni degli atteggiamenti canini, ancora oggi ci si ritrova a vedere cani che vengono scossi per la collottola o “schienati” per fargli capire chi è che comanda.
Dichiarare un cane “dominante” è la scelta più comoda, la giustificazione, per basare il percorso educativo sull’imposizione fisica e per legittimare l’uso di strumenti e mezzi obsoleti, irrispettosi e dannosi come ad esempio il collare a strangolo, deleteri per la salute del cane, inaccettabili se l’intenzione è costruire una relazione sana ed equilibrata.
Basare l’educazione sulla punizione, sul controllo, su una eccessiva assertività mettono l’individuo che le subisce in uno stato emotivo negativo e fortemente stressante, tali emozioni si legano alla rappresentazione che il cane ha del suo proprietario e per estensione degli umani.
I cani sono animali sociali e come noi instaurano delle relazioni, e da queste relazioni possono derivare dei privilegi, ma tali privilegi non hanno nulla a che vedere con la prevaricazione o con l’aggressività.
Una relazione di Amicizia non ha nulla a che vedere con la leadership, il comando e la violenza.
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